Lunedi 15 aprile ci siamo incontrati all’Educatorio della Provvidenza. Erano con noi dell’Associazione i 4 relatori: Boeti, Paruzzo, Fornero e Della Pepa. Dal dicembre 2019, e non solo per via del Covid e della pandemia, non avevamo più organizzato alcun evento. Abbiamo deciso di riprendere dal luogo, da dove tra il 2005/2006 ci eravamo presentati alla Città, con un’iniziativa di largo respiro che affrontava la sanità piemontese. All’epoca il dibattito verteva molto sull’avvio della Città della Salute, la cui costituzione poi avvenne con la legge reg. n. 45 del 19 giugno 2012. Con il trascorrere degli anni vi sono state discussioni su discussioni e il progetto della Città della Salute è diventato il Parco della Salute. Nel 2019 finalmente un bando, poi il rincaro delle materie prime che hanno indotto a bloccare tutto. Nell’aprile del ’23 è stato nominato ed è arrivato un commissario straordinario, Marco Corsini, che ha rivisto gli importi e, d’intesa con l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (-ANAC- Le somme previste, per le norme anticorruzione, una volta avviata la procedura, non si possono modificare) ha fissato un nuovo bando, avente per data il 12 aprile 2024. La gara non è andata deserta e la conclusione dei lavori è fissata nel 2030.
La sala in cui è avvenuto l’incontro in allora era gremita. Questa volta eravamo in pochi.
Qui di seguito il pensiero dei relatori, coordinati da Gian Paolo Zara, nostro passPresident, che nella sua introduzione ha menzionato gli articoli costituzionali inerenti il tema. Nell’avvenuto ordine, la sintesi, a cura di Adriana Vindigni, dei quattro interventi.
I° INTERVENTO
NINO BOETI, medico ortopedico, da sempre impegnato in politica, prima Sindaco di Rivoli, poi Consigliere regionale ha ricoperto l’incarico di presidente del Consiglio regionale. E’ stato anche presidente del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte. Attualmente è il presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ( ANPI ) del Comitato provinciale di Torino.
Gli articoli della Costituzione, il 32° e il 53° sono stati citati in apertura, perché la nostra Costituzione prevede che la sanità nazionale sia finanziata attraverso la fiscalità generale. Chi ha di più, paga di più. Sappiamo bene il peso che ha l’evasione fiscale, in un sistema fiscale come il nostro che non è certo dei più equi. I miliardi previsti quest’anno per la Sanità sono stati 3, con una spesa che ammonta al 6,2% contro l’8,3% europeo. I nostri medici laureati vincono le borse di studio all’estero dove vanno a lavorare di buon grado, perché vivono meglio e con stipendi adeguati. Quest’anno le borse di studio per il personale medico sono aumentate, ma non ci sono iscritti. La metà dei medici in servizio ha più di 60 anni e per ovviare alla carenza di personale si ricorre ai “medici gettonisti”, facendo venir sempre meno il rapporto fiduciario che dovrebbe instaurarsi tra medico/paziente. Non c’è il dottore? viene sostituito dal medico “a gettone”, che, finito il turno, difficilmente si rivedrà un’altra volta. Altro grave problema è l’appropriatezza diagnostico-medica. C’è una richiesta spropositata di esami ed esami radiologici e le liste di attesa per l’esecuzione ormai si attestano su base annua. Si valuta che siano 9 milioni di italiani che si siano indebitati per potersi adeguatamente curare. Altra falla, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede la realizzazione di Case di comunità, ma il personale sanitario, medico e infermieristico non c’è. Si dovrà ricorrerre a personale straniero, con i sottesi aspetti di comunicazione e accettazione. Anche l’assistenza domiciliare familiare dovrebbe essere aumentata per via dell’aumentata età della popolazione. E non bisogna dimenticare le strutture ospedaliere che vanno adeguate e/o costruite. Altro aspetto problematico, e penso alla mia Calabria, è la mobilità passiva, dato dallo spostamento dei malati da una Regione a un’altra. Il regionalismo differenziato, di cui si parla, acuirà e amplierà le distanze, peraltro già molto marcate, tra il nord e il sud del Paese. Il costo di una protesi varia dai 4mila e 800 euro ai 10mila.
II° INTERVENTO
FRANCESCA PARUZZO, assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Torino
Tra i diritti sociali: lavoro, istruzione, salute, quest’ultimo è il diritto sociale per eccellenza. L’art. 32 della Costituzione è chiarissimo. Dalla salute scaturisce il godimento di ogni altro diritto. E’ un diritto fondamentale di ogni individuo, a tutela e interesse della collettività e quando si è di fronte a indigenti ne vengono garantite le cure gratuite. Nel 1978 è stato istituito il sistema sanitario nazionale, ma già nel 1977 una sentenza della Corte Costituzionale ribadiva che “il malato è un legittimo utente di un pubblico servizio a cui ha pieno, incondizionato diritto”. Nel 2012, con l’equilibrio di bilancio, di fronte alla scarsità delle risorse si apre il varco che contrasterà la tutela alla salute. Limite ancora ribadito nel 2016 e a seguire con l’invarianza finanziaria, dove non sono previsti oneri a carico dello Stato. Ma non è sufficiente dire che mancano le risorse finanziarie…
Nel 1978 il Sistema santario nazionale si incardinava su 5 punti:
- Universalità della copertura;
- Uguaglianza;
- Globalità delle prestazioni erogate;
- Equità di finanziamento;
- Unicità della prestazione.
Un esempio riguardante il primo aspetto, l’Universalità della copertura. Nel 2008, trent’anni dopo il 1978, si voleva che gli stranieri irregolari, che richiedevano accesso alle cure venissero denunciati, ma l’emendamento contravveniva alla Costituzione e venne ritirato.
Il secondo, l’Uguaglianza. (L’art. 117 della Costituzione prevede che “la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni”. A queste spetta la potestà legislativa nelle materie concorrenti, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato). La Sanità rientra nelle materie concorrenti ed è dal 2001 -anche senza arrivare al cammino intrapreso da alcune Regioni, in ambito di regionalismo ed autonomia differenziata- che questa possa avvenire di non essere esercitata in egual modo su tutto il territorio nazionale. Con l’ultima definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione ( LEP) che hanno sostituito i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) si è di fronte a un ulteriore comportamento discriminatorio, tant’è che dalla Calabria a Bolzano c’è una distanza di aspettativa di vita di ben 13 anni, a discapito della regione meridionale.
Il terzo, la Globalità delle prestazioni erogate, come ha già detto chi mi ha preceduto c’è un surplus di richieste che non si riesce ad assicurare nei tempi adeguati.
Il quarto, Equità di finanziamento. E’ previsto un collegamento con l’art. 53 che recita “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. L’imposta cresce, con il crescere del reddito. La progressività fiscale che nel 1973 prevedeva 32 scaglioni, oggi è stata completamente modificata, in quanto si è arrivati agli attuali 3 (23% fino a 28mila euro, 35% per i redditi da 28mila fino a 50mila e il 43% per i redditi che superano i 50mila euro). Negli anni poi la compartecipazione della spesa sanitaria privata è andata sempre più ad aumentare, passando dal 2% all’attuale quasi 25%.
Il quinto e ultimo, l’Unicità della prestazione. Questa è considerata essere in capo al settore pubblico, in quanto il settore privato è da ritenere un aiuto in momenti di emergenza. O la situazione trova una soluzione o vengono messi in crisi i criteri precedenti.
Chiudo sul regionalismo differenziato. L’articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede per le Regioni ordinarie la possibilità di dotarsi di forme e condizioni particolari di autonomia. Nel 2018 tre Regioni, l’Emilia Romagna, il Veneto e la Lombardia ne hanno fatto richiesta. Le prime due su 16 materie, l’ultima su tutte quelle previste, ossia 23.
III° INTERVENTO
GIULIO FORNERO, Direttore sanitario Camminare Insieme ODV
E’ bene partire da alcuni dati positivi. Dopo il Covid abbiamo ancora un’elevata aspettativa di vita, oltre gli 80 anni. E’ aumentata la morbilità evitabile e vi è controllo sulla morbosità delle malattie croniche. La spesa sanitaria nazionale è inferiore alla media europea. Mi soffermerò su altro. Il Piemonte è la Regione con gli impianti ospedalieri più vecchi e la popolazione medica è la più anziana del mondo. Per 27 anni di fila abbiamo avuto la metà dei medici specialisti necessari. Oggi, si è in parte rimediato, ma di infermieri ne mancano 3 su 9 e sull’assistenza a lungo termine e domiciliare siamo ancora indietro. La spesa sanitaria per famiglia ci pone al di sopra degli Stati Uniti, 41 miliardi, secondo l’ISTAT, e 50 miliardi per la Bocconi. In questo conteggio non sono considerati i quasi 14 miliardi spesi per il servizio reso dalle badanti. L’assistenza a lungo termine è da scindere in due, sociale e sanitaria. La prima include medicazione delle ferite, farmaci, l’assunzione del cibo, l’igiene personale. La seconda riguarda il sovraffollamento in Pronto soccorso con il codice bianco, per poi scoprire che i visitati hanno altro. Il problema vero per gli anziani è l’assistenza e l’accudimento. Come ha asserito la Corte dei Conti nel 2020 il Servizio sanitario ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate e ciò rappresenta una debolezza, anche dal punto di vista della difesa complessiva del sistema. E, ancora, si deve insistere sull’equità in Sanità, soprattutto per le persone fragili ed essere consapevoli che, per la promozione della salute, i pazienti informati rappresentano la più importante forza guida del XXI secolo.
Nel corso dell’esposizione il relatore si è avvalso dell’ausilio di slides che saranno inserite come parte integrante di questo lavoro. In una di queste è riportato il risultato di uno studio europeo, un’analisi transnazionale degli Stati membri OCSE, compiuto nell’arco di vent’anni, dal 1995 al 2015, sui più importanti determinanti di salute, rispetto all’aspettativa di vita. Questo parametro, come si è visto, è stato richiamato anche dai precedenti relatori. Al riguardo, l’indagine ha indicato come primo determinante, la spesa per i sistemi di assistenza sanitaria (mentre, al contrario la spesa out-of-pocket delle famiglie incide negativamente); il secondo determinante, per importanza, è stato individuato essere l’istruzione e, a seguire, il reddito, il lavoro, gli stili di vita, l’ambiente.
IV INTERVENTO
CARLO DELLA PEPA, medico, ricercatore presso l’Università degli Studi di Torino e già Sindaco di Ivrea
Il sentimento principale che provo e che vorrei condividere è la preoccupazione. E’ stato detto, da chi mi ha preceduto, della scarsità delle risorse sia finanziarie, sia del personale medico e soprattutto infermieristico. Sulle risorse economiche, le scelte effettuate dal Governo sono sua diretta responsabilità. Per il personale, come si è sentito, bisognerà attendere 5/10 anni e nel mentre, si deve ricorrere a personale estero con le annesse criticità. Sulla morbosità delle malattie croniche riguardanti le varie forme tumorali, le terapie oncologiche danno buoni risultati, anche se i costi economici sono un salasso. L’aspettativa di vita che nell’ultimo quarto del secolo scorso era stata portata dai 73 anni agli 83, si è fermata e, dopo il Covid, assestata intorno agli 80. L’uso dei “medici gettonisti” è stato un chiaro fatto, come pure il contenimento della spesa per il personale. Chi governa, ma non solo questo, uccide la Sanità. I direttori sanitari hanno gestito male malattie croniche e terminali. Le cure palliative in Piemonte che sono diffuse ed omogenee, sopravvivono grazie al privato sociale, attraverso associazioni come la Fondazione Assistenza e Ricerca Oncologica ( F.A.R.O.) e Casa Insieme che acquisiscono 1/4 delle loro risorse attraverso donazioni e sagre di raccolta. Il Piemonte per le équipes delle cure palliative non è in linea con la legge nazionale del 15 marzo n. 38 del 2010. L’assistenza domiciliare integrata (ADI) è disponibile dalle 8 alle 20 , dopodiché c’è la guardia medica e invece dovrebbe operare 24/24. Ma la vera epidemia di questo secolo sono i disturbi cognitivi e le demenze. Occorre almeno un anno per la prima visita o per un ricovero in una residenza socio-assistenziale (RSA). Sono pochi i centri diurni, l’unico strumento che oggi aiuta a frenare la progressione della malattia degenerativa e la demenza. Questo sul versante anziani. Per il resto c’è la psichiatria. C’è carenza di medici di famiglia, rete della medicina di base. Liberi professionisti, lavorano per le aziende sanitarie locali (ASL), per 14 ore settimanali con un parco assistiti che va dai 1500 agli 1800 pazienti. Tutto è in mano alla loro buona volontà. Le case di comunità, di cui si è detto, rappresentano una mera operazione edilizia; i medici gettonisti, come rimedio si sono dimostrati un fallimento. In questo quadro il Piemonte ha fatto poco e le aziende sanitarie zero. Per potenziare il territorio e la digitalizzazione si sono chiusi gli ospedali, quando dell’ospedale c’è bisogno…E si rimane, aspettando il domani.